Chad Gadya

Una colonna raffigurante i simboli citati in Chad Gadya nel centro di Castra, ad Haifa
Chad Gadya cantato in aramaico e in arabo marocchino da Yosef Elbaz a Gerusalemme il 19 aprile 1973

Chad Gadya o Had Gadya (in aramaico: חַד גַדְיָא chad gadya, "un capretto"; in ebraico: גדי אחד, gedi echad) è un brano musicale con struttura cumulativa, cantato alla fine del Seder di Pesach, ovvero la cena che segna l'inizio della Pasqua ebraica.

Nel testo del brano, di cui si hanno testimonianze scritte a partire dal XVI secolo,[1] si avvicendano varie figure simboliche, a cui sono state attribuite diverse interpretazioni. Secondo quella più comune (diffusa inizialmente in un pamphlet stampato a Lipsia nel 1731 da Philip Nicodemus Lebrecht), Chad Gadya farebbe riferimento alle popolazioni che conquistarono la Terra di Israele nel corso dei secoli: il capretto rappresenterebbe il popolo ebraico, il gatto l'Assiria, il cane Babilonia, il bastone la Persia, il fuoco l'Impero macedone, l'acqua l'Impero romano, il bue i Saraceni, il macellaio i Crociati, l'angelo della morte l'Impero ottomano; alla fine, il Dio degli Ebrei ritorna per ricondurre nuovamente il popolo ebraico ad Israele.[1] Inoltre, i due zuzim[2] citati nel ritornello si riferirebbero alle due Tavole della Legge consegnate a Mosè sul Monte Sinai (oppure si riferirebbero a Mosé ed Aronne).[1]

Il brano, al di fuori del suo contesto religioso, ha ispirato molte altre composizioni musicali, tra cui si ricordano Alla fiera dell'est di Angelo Branduardi del 1976 e la versione reinterpretata in chiave pacifista da parte di Chava Alberstein del 1989.

  1. ^ a b c (EN) Had Gadya ('One Kid'), in Jewish Encyclopedia, 1906. URL consultato il 5 febbraio 2020.
  2. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore zuzim

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